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IL MOMENTO DI UCCIDERE
(A TIME TO KILL)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 novembre 1996
 
di Joel Schumacher, con Matthew McConaughey, Sandra Bullock, Kiefer Sutherland, (Stati Uniti, 1996)
 
Ci sono sempre state, nel cinema americano, le approssimazione schematiche: ma servivano a costituire delle impalcature universali. I western, i noir, le spy-stories, i film sui processi o quelli sugli adulteri repressi; i generi, insomma. Giravano sempre allo stesso modo: ma permettevano di essere compresi in ogni angolo della terra, proprio come la lingua nella quale erano parlati. Ed ai loro registi - spesso mediocri, talvolta geniali - di potersi abbandonare alle messe in scena più imprevedibili. C'è sempre stato, inutile ricordarlo, il gusto del divismo: ma pure serviva alle cause nobili, e non solo alle triviali. A far lievitare certe scemenze grazie alla presenza di un attore, al carisma del divo che spediva tutto nel regno magico del Mito. E c'è sempre stata l'ambiguità ideologica; e l'approssimazione formale. Ma pure a queste si chiudeva un occhio, poiché si basavano egualmente su un elemento estremamente concreto e solido; che favoriva quei preziosi schemi passe-partout e giustificava ogni altra incertezza, la sceneggiatura

Ora, è proprio questo elemento, il punto di forza da sempre di quello splendida forma di artigianato chiamata Hollywood, che sembra stranamente venire meno. Perché ciò succeda, perché tutto ad un tratto questi sceneggiatori che sono sempre stati tra gli individui più pagati - se non più noti - di Hollywood sembrino andare sempre più in barca, non è cosi chiaro. Forse la fretta. Perché il padrone, colui che paga, non è più il temutissimo ma pur sempre umano, Produttore. Ma la Televisione: che è un'entità più astratta, un assieme di funzionari destinati più all'arte dello scaricabarile che a quello della riflessione, un mostro divoratore di immagini qualsiasi da riempire il famigerato primetime, quello spazio tra l'ora della cena e quella del progressivo imbambolamento che permette lo scempio che sappiamo, ed ormai generalizzato (avete già notato la diversità - a quell'ora - fra i 40 canali del vostro televisore?). O forse, le ragioni di quello scadimento, perché pure al cinema ci si accorge che costa meno sfruttare la macchina che il cervello: che l'effetto speciale costa sempre meno dell'attore, e sempre di più sembra attirare le masse videoclipizzate. E allora, perché pagare scrittori che passino lunghi mesi a mettere giù quattro idee, dialogisti che adattino queste idee alle personalità degli attori; ed infine divi, che sempre meno assicurano gli incassi, che sempre di più - d'altro canto - sono loro stessi produttori. E che quindi - come il mostro che si morde la coda - hanno tutto interesse a far quadrare i bilanci alla più spiccia?

Perché il guaio è proprio questo: che una scrittura maldestra, o addirittura disonesta, non porta solo a conseguenze estetiche. Ma essenzialmente morali. Come si verifica ne IL MOMENTO DI UCCIDERE, dell' insulso Joel Schumacher, tristemente noto, oltre che per IL CLIENTE, per aver seppellito la sontuosa serie con il tragico BATMAN FOREVER.

Qui, con le sottolineature più risapute a colpi di Ku Klux Klan e giudici corrotti, l'ambiguità si tinge pure di pseudo anti-razzismo: poiché la vicenda è quella di un bravo operaio nero che giustizia i due degenerati ubriaconi bianchi che gli hanno violentato la figlioletta.

Operazione legittima? Lascio a voi l'ardua sentenza. Ma per la faciloneria e la volgarità con la quale Schumacher mette in scena il romanzo del solito John Grisham, il dibattito non è nemmeno aperto. Quando i dati di un problema sono esposti con tanto conformismo, anche le (buone?) intenzioni si fanno malvagie


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